Olivo nella provincia di Parma

l’olio d’oliva sulle colline di Matilde

Olivo

L’olivo coltivato o domestico deriva dall’olivo selvatico (oleastro) che cresce nei luoghi rupestri e dai cui minuscoli frutti si estrae un olio amaro il cui uso è sempre stato limitato. I Greci conoscevano diverse varietà di olivi selvatici così come i Romani che le riunivano tutte sotto la denominazione “oleaster”. Sembra che l’olivo sia originario dell’ Asia Minore meridionale, tra l’attuale Siria e Iran, dove oggi ci sono abbondanti foreste di ulivi selvatici: infatti l’olivo era conosciuto da popoli semitici come gli Armeni e gli Egiziani.

Notizie storiche  In provincia di Reggio Emilia, nei dintorni di Albinea, si ha una presenza inequivocabile di oliveti, confermata da diverse testimonianze: quella di Enrico II di Germania, in un diploma del 1002 ancora nominato nel 1072 da Papa Alessandro II che conferma al monastero di S. Prospero la proprietà di S. Maria di Pissignano coll’oliveto attiguo, che solamente un anno dopo, nel 1073, il vescovo reggiano Giandolfo cita come S. Maria de Oliveto. L’attività principale di questi monaci doveva essere la coltivazione dell’olivo, pianta che abbondava nelle vallate di Montericco e Borzano, esposte a mattina e riparate dai venti e dai geli (Corradini, 1979)”.

“.. Nell’Archivio Capitolare del Duomo di Reggio nell’atto n°553, si legge di una compravendita in Vergnano il 29 dicembre 1212, di una terra con ulivi da parte di Guido fu Marclochi da Borzano (Basenghi e Pellini, 2003).”

“.. Nel reggiano, più precisamente nella zona di Quattro Castella (Castello di Bianello), intorno al 1850 si ha l’introduzione di olivi da impiantare intorno al castello come risposta all’aumento del prezzo dell’olio da parte del Duca di Pontremoli (Pellini).” “L’Olio dei colli emiliani”  L’iniziativa vuole fare il punto su un progetto di studio nato nel 2004 “Sviluppo dell’olivicoltura da olio in Emilia Romagna, nelle province di Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza”. Il gruppo di lavoro è costituito da 5 unità operative (CRPV di Cesena, Università di Parma, Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, Istituto Professionale di Stato per l’Agricoltura e l’Ambiente “L. Spallanzani” di Vignola (MO) e IBIMET-CNR di Bologna) e dalle quattro province emiliane (Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza).

Notizie storiche  Risalgono al 1258 le prime notizie storiche sull’introduzione dell’olivicoltura in Emilia (l.c.): leggi e statuti testimoniano il volere del Comune di Parma di impiantare olivi per migliorare l’agricoltura della zona: “il capitulum quod Potestas teneatur facere plantari et allevari, benificari et manteneri XX pedas olivarum in primo anno et proquolibet foco infrascriptarum terrarum, et post modem in singulis annis X pedes. Quae villae sunt istae: Bazanum, Guardaxonum, Traversetulum, Castilionum, Rivalia, Mulazanum, Cazola de Rivalta, Lisignanum, Torclarea, Arolis, Casaticum, Langhiranum, Mataletum, Castrum, Rignanum, Strognanum, Padernum, Cirlianum, Castrum de Felino, Castrum de Tullorio, Munte Pallerium, Sanlarium, Ceretulum, Sanctis vitalis Bagantiae, Limide, Maliaticum, Nivianum, Segalaria, Furnovum, Casellae de Furnovo, Fosium et omnes aliae terrae ultra Taronum et ultra Cenum usque ad planum per totam parmexanam… talchè dopo qualche lustro si vedero le coste di molti dei nostri colli floride e popolate d’Olivi che vi prosperarono per altri due secoli.” (l.c.).

Conserve d’olive all’antico romana 

In epoca Romana con le olive verdi si facevano le colymbadas (letteralmente “le affiorate”), così dette perché galleggiavano in un liquido fatto di una parte di salamoia satura e due parti di aceto. La preparazione consisteva nel praticare alle olive, dopo la salagione, due o tre incisioni con un pezzo di canna, e quindi tenerle immerse per tre giorni in aceto; poi le olive venivano scolate e sistemate con prezzemolo e ruta, in vasi da conserve che erano poi riempiti con salamoia e aceto facendo in modo che restassero ben coperte. Dopo venti giorni erano pronte per essere portate in tavola.Vi erano poi le conserve di olive nere, che si potevano fare sia con le pausiane mature che con le orcite ed in alcuni casi anche con le olive della qualità Nevia: la preparazione consisteva nel tenerle per 30-40 giorni sotto sale, poi, una volta scosso via tutto il sale, metterle sotto sapa.