Il caso Pantoni: dinastia del patibolo

Il caso Pantoni: dinastia del patibolo Il caso Pantoni: dinastia del patibolo

Con la presenza della Dottoressa Simona Contro Università degli studi di Bologna. Venerdì 20 giugno 2025 ore 10,30. Archivio Storico Comunale Parma, via La Spezia 46/A

Il caso Pantoni: dinastia del patibolo

Il caso Pantoni: dinastia del patibolo  “Fra le storie dei carnefici di Parma”

Le mie amiche Francesca Belmessieri e Francesca Speculati, bravissime ricercatrici all’archivio storico del Comune di Parma, organizzano sempre dei convegni stupendi.
Ieri (20 giugno 2025) nella sede dell’archivio in via Spezia, hanno invitato a parlare la dottoressa Simona Contro, eccellente studiosa di Bologna che da anni si occupa di un argomento molto particolare, affascinante e inquietante insieme: la storia dei carnefici, anche detti esecutori o maestri di giustizia.
Guai infatti, ai loro tempi, a chiamarli “boia”, definizione con la quale però capiamo tutti al violo di cosa si sta parlando.
Quello era considerato un termine molto spregiativo, e chi si azzardava a utilizzarlo, soprattutto in situazioni ufficiali, poteva venir portato in tribunale dal diretto interessato (e già questo fatto ci illumina sul groviglio concettuale e emotivo che aleggiava intorno alla sua figura, intrisa di rispetto e disprezzo).
La bellezza particolare degli argomenti scelti per questi incontri dalle mie amiche archiviste Francesca e Francesca, sta nel fatto di andare a far luce su sfumature della storia parmigiana meno conosciute, ma in grado di tratteggiare aspetti fondamentali del carattere della città.
Come spiegato nel suo appassionante racconto dalla dottoressa Contro, anche Parma aveva il suo carnefice, appartenuto a una dinastia intera di carnefici, quella della famiglia Pantoni.
Nell’ambito di questa stirpe, il giustiziere rimasto più famoso nella lunga storia di esecutori del Ducato, fu Giuseppe Pantoni, attivo nel corso dell’ottocento, in particolare sotto Maria Luigia.
L’aspetto più eclatante della figura del maestro di giustizia, visto con l’occhio e la sensibilità di noi posteri, stava nella sua caratteristica di catalizzatore delle contraddizioni della società.
Il caso Pantoni: dinastia del patibolo

Il caso Pantoni: dinastia del patibolo

Il “boia” godeva di una sorta di rispetto reverenziale con sfumature tuttavia molto negative.
Nell’immaginario popolare, lui e la sua famiglia incarnavano una sorta di parafulmine sociale su cui scaricare i mali della collettività.
Se il sovrano da una parte, virtualmente rappresentava la bonomia e la generosità del potere (anche se poi ovviamente nella pratica era spesso diverso), il boia era la personificazione del maligno.
Era colui al quale spettava di sbrigare una faccenda “sporchissima” sul piano morale e umano: “ripulire” la società dai suoi elementi impuri e turbatori del regolare procedere del vivere civile.
Il boia era insomma quella persona indispensabile per svolgere un lavoro spregevole, eppure, nella visione delle varie epoche in cui questa figura fu attiva, inevitabile.
Doveva immergere le mani nella melma più torbida “dell’essere esseri umani”, diventando anche simbolicamente quel potente funzionario, al quale si affidava la gestione del passaggio fra vita e morte.
Il boia era insomma il rappresentante vivente e ultra contraddittorio della morte.
Da qui tutta una serie di bizzarri controsensi.
Il boia era rispettato e disprezzato al tempo stesso, non poteva liberamente circolare per la città, senza rischio di una sequela di insulti lungo la pubblica via, se non addirittura tentativi di aggressione.
In questo però Parma, faceva in un certo qual modo eccezione.
Nella nostra città, già avviata verso una visione del mondo più “moderna”, anche grazie alle influenze post rivoluzionarie francesi portate dalla dominazione napoleonico-luigina, l’esecutore di giustizia Giuseppe Pantoni riuscì a ritagliarsi un ruolo nella società, se non proprio dignitoso, perlomeno avviato verso una sorta di riscatto di immagine, impensabile in altre città italiane del tempo.
La storia dei boia, parmigiani e non, è poi infarcita di una marea di dettagli e aneddoti tra il pittoresco e il truculento, che rendono questo tema ancora più affascinante per lo studioso moderno.
Giuseppe Pantoni ad esempio arrotondava il già lauto stipendio di esecutore (molto più alto di quello di un professore universitario), con un lucroso mercato clandestino di unguenti e pozioni miracolose, secondo la tradizione ricavati con gli stessi resti dei corpi dei poveracci mandati a morire per sua stessa mano.
Francesca Belmessieri e Francesca Speculati

Francesca Belmessieri e Francesca Speculati

Da qui derivò anche una “rappresentanza” di praticanti della misteriosa pratica delle “medgóne” (medicone), o guaritrici popolari, quelle che segnavano le storte, per intenderci; ma facevano anche pomate, nella miglior tradizione familiare.
Fra di loro a Parma si ricordano appunto anche le nipoti di Pantoni stesso, non a caso conosciute in città con nomignoli tremendi e comici al contempo, come “la Boia” o la parmigianissima “Bojièta” (la Boietta, figlia della Boia, nipote del boia).
Da tutto il prezioso lavoro di ricerca della dottoressa Simona Contro, molto probabilmente in autunno verrà pubblicato un libro.
Ringraziandola ancora tanto per l’affascinante racconto di ieri, e ringraziando di cuore le amiche Francesca Belmessieri e Francesca Speculati, per i frequenti inviti a questi incontri preziosi, aspetto con grande curiosità l’uscita di questo libro, che sicuramente leggerò con grande interesse.