Oratorio Beata Vergine del Romito Montechiarugolo fra storia e leggenda

Note di Ludovico Lalatta Costerbosa

Oratorio Beata Vergine del Romito Montechiarugolo Oratorio Beata Vergine del Romito Montechiarugolo

Oratorio Beata Vergine del Romito Montechiarugolo fra storia e leggenda

Nel territorio di Montechiarugolo, sulla sponda sinistra dell’Enza, alle falde di una collinetta boscosa parallela al torrente, che scorre a poche centinaia di metri, oltre i campi a prato e filari di pioppi, sorge un’antica chiesetta: “l’Armitt” (“L’Eremita”) risponderebbe un anziano alle vostre domande. “ Il tempietto dei marchesi Lalatta Costerbosa, dove si celebrano i matrimoni religiosi di chi poi fa il ricevimento alla villa La Vignazza sulla collina” direbbe invece un giovane bene informato, forse di recente invitato ad una delle feste di nozze. “L’Oratorio della Beata Vergine del Romito, edificio in stile settecentesco, ma con una storia che ha radici nel Medioevo ” aggiungerebbe uno storico.

Attorno alla chiesetta, o “l’oratorio”, come è stato sempre definito quel luogo di preghiera, non c’è solo la pace dei campi, non disturbata dal nitrito dei cavalli delle scuderie poco distanti, ma aleggia l’eco di secoli di storia, di tradizioni sacre e profane e di leggende. Un fascino che i più sensibili visitatori riescono a cogliere a prima vista e avvince tanti altri nell’udire i racconti. Interessanti le certezze storiche sull’esistenza della chiesetta già ai primi del 1.500, attestate da documenti fra i quali lettere e disposizioni di pontefici (la più rilevante una Breve di Clemente VII del 2 maggio del 1530 ).

Ad esse studiosi quali padre Flaminio da Parma nel 1759 ed appassionati ricercatori come Egidio Guerra nel 1924, hanno collegato ipotesi, suffragate da indizi e tradizioni, che spostano ad uno o due secoli prima del 1500 l’edificazione di un luogo di culto e soprattutto sostengono l’esistenza, in epoca medioevale, della casetta di un eremita che si dedicava ad assistere e traghettare oltre l’Enza, allora ricco d’acque, i pellegrini che, scendendo dal Nord, lungo i vari itinerari della via Francigena, erano diretti a Roma se non addirittura a Gerusalemme. E’ certa l’esistenza in quel punto del torrente di un passaggio con barche ed è ricca la documentazione di una lunga e cruenta disputa fra il conte Francesco Torelli, signore del castello di Montechiarugolo, e la Comunità di Parma sui diritti “ab immemorabili” di riscuotere gabelle per il traghettamento. Interventi papali, come un Placet di Leone X, non sempre evitarono incendi di barche e spargimento di sangue. Antichi mattoni emersi dal prato prossimo all’oratorio avvalorerebbero la tradizione del romitaggio e del punto d’accoglienza (si direbbe oggi) per i pellegrini, così come la denominazione del tempietto.

A queste considerazioni il marchese Carlo Lalatta Costerbosa in una raccolta di sue memorie, scritte nel 1992, aggiunge il ricordo dell’esistenza nei pressi dell’oratorio di una fonte, poi seccatasi, ritenuta salutare per malattie degli occhi. Annota poi, senza esprimere giudizi, che la tradizione attribuiva ad un evento miracoloso il saccheggio non riuscito, nell’Ottocento, di preziosi arredi sacri che allora erano nella chiesetta dove frequenti erano le celebrazioni religiose, per iniziativa dei marchesi Lalatta, della parrocchia di Montechiarugolo e soprattutto della vicina scuola agraria dei Salesiani .

Se non miracolosa certo sorprendente fu la comparsa nell’area absidale, per effetto di un acquazzone durante i lavori di rifacimento del tetto nel 1968, di una annunciazione ad affresco di ottima fattura, di datazione incerta ma presumibilmente dopo la Controriforma. La scoperta ha indotto ricerche sempre nell’abside,  e da uno strato di pittura bianca sono affiorati altri due dipinti raffiguranti l’evangelista S. Giovanni,  caratterizzato dall’aquila e l’arcangelo Michele, con spada e bilancia. Entrambi i soggetti sono stranamente dotati di sei dita ai piedi. L’affresco con l’Annunciazione, è stato apprezzato nel 2017 dal critico d’arte Vittorio Sgarbi, in visita all’oratorio ed alla villa, che ha ipotizzato possa essere stato dipinto dall’urbinate  Barocci, o da suoi allievi .

L’alone fantastico e meraviglioso che circonda l’oratorio è invece frutto di leggende, una delle quali raccolta in stile manzoniano nel romanzo storico di Alfonso Cavagnari “ La fata di Montechiarugolo, scritto nel 1874 , dove la protagonista, fuggita dal castello si rifugia nell’eremo.

Di ricordi di passeggiate fra ragazzi ma anche di riunioni clandestine di antifascisti e del soccorso a partigiani feriti in combattimento ha raccolto testimonianze, in particolare nel suo libro “ L’Omino degli alberi di Natale”, la docente di lettere Avde Iris Giglioli (T&M Associati editori – Reggio Emilia 1999) docente e già sindaco di Montecchio Emilia.

L’oratorio è tuttora oggetto di restauri, iniziati nel 2017, a totale onere dei proprietari, ma sotto la vigilanza della Soprintendenza.

A proposito del romitaggio e dell’accoglienza ai pellegrini sono in corso studi per verificare l’ipotesi che oltre punto di riferimento per il passaggio dell’Enza nei diversi percorsi della Fancigena, possa essere stata anche una tappa della via Micaelica. Si tratta di un ulteriore itinerario dal Nord Europa verso Roma, secondo il culto longobardo rivolto all’arcangelo Michele. Gli indizi di rilievo sono almeno quattro: 1-  la certezza che la via attraversava il territorio piacentino ( Valeria Costa – “L’arcangelo Michele nel tratto piacentino della via sacra dei Longobardi” editrice Farnesiana).  2 – luoghi dedicati a S. Michele punteggiano anche la provincia di Parma. 3 – Il dipinto di S. Michele  emerso nell’oratorio del Romito potrebbe  essere considerato un “segnavia” poiché nella sponda reggiana, dell’Enza, proprio di fronte all’oratorio, in un antico edificio ora abbattuto c’era un affresco che rappresentava  l’arcangelo. Staccato prima dell’abbattimento dei muri il dipinto è  ora  conservato nel castello di Montecchio Emilia, sede della biblioteca comunale. – 4 Le tappe della via Micaelica erano caratterizzate da una sorgente e accanto all’oratorio del Romito c’era una fonte d’acqua sorgiva.

Note di Ludovico Lalatta Costerbosa

Ultimo aggiornamento 27 – 2 – 2019

Chiostro di Santa Fenicola

Storia di Montechiarugolo